Erezione, sale parto e tigri dai denti a sciabola. E hanno anche senso tutti insieme.

Erezione, sale parto e tigri dai denti a sciabola. E hanno anche senso tutti insieme.

Erezione, sale parto e tigri dai denti a sciabola nella stessa frase?

Il parto è un processo involontario e non si può aiutare un processo involontario. 

L’obiettivo è non disturbarlo. 

(Michel Odent)

No, non siamo impazzite e non siamo neanche di ritorno da un weekend ad Amsterdam: erezione, parto e tigri dai denti a sciabola sono tutti elementi di una stessa storia. Si tratta di successo e di fallimento, di pericolo e di riparo, di vita e di morte.

Immaginiamoci due scenari, uno maschile e uno femminile, e cerchiamo di capire.

STORIA NUMERO 1: UN UOMO.

Camera da letto.

La compagna dà segnali incoraggianti. Il sistema nervoso e quello circolatorio fanno il loro dovere e il sangue inizia a riempire i corpi cavernosi appropriati.

Al piano di sopra qualcuno apre la doccia. In un attimo, il rumore dell’acqua riporta il nostro eroe anni indietro, negli spogliatoi del campo sportivo, dove passava sistematicamente per lo zimbello della squadra.

La corteccia (la parte di cervello che, così grande e sviluppata, ce l’abbiamo solo noi) processa qualcosa che riconosce da un punto di vista logico piuttosto articolato e dice: “Dieci anni fa ti prendevano in giro perché che ce l’avevi piccolo. Per fortuna da allora hai cambiato giro! E poi in realtà almeno la metà di loro ce l’aveva più piccolo di te.”

Il sistema limbico (quello che abbiamo in comune con tutti gli altri mammiferi e che, ci piaccia o non ci piaccia, comanda i nostri comportamenti involontari, inclusa l’erezione) nulla sa del bullismo e dell’ansia da prestazione e capisce soltanto: “Ah ah! Sfigato! Ce l’hai piccolo! Lei riderà di te! Pericolo!!”

E in quattro e quattr’otto quello che era un totem glorioso si trasforma in una zucchina cotta al vapore.

Se un uomo è teso mentre si appresta ad occuparsi romanticamente della propria compagna il suo…ehm…”corpo” (diciamo pure una parte molto specifica del suo corpo) non lo segue.

Il sistema limbico processa l’ansia da prestazione con lo stesso sistema con cui avrebbe processato la tigre dai denti a sciabola ai tempi in cui ci accoppiavamo nelle caverne: “Non è il momento di occuparti della tua compagna o tra poco non c’è più nessuna compagna e nemmeno tu starai troppo bene”.

Anzichè l’ossitocina (l’ormone del relax e dell’amore) rilascia adrenalina (l’ormone delle emergenze e degli incidenti). Il sangue viene deviato e porta l’ossigeno là dove serve: alle estremità, per alzarsi e prepararsi a combattere o provare a scappare. Con buona pace dello slancio erettivo.

STORIA NUMERO DUE: UNA DONNA

Ospedale.

Contrazioni ravvicinate. La futura mamma, se è fortunata abbastanza e non la stanno martoriando di domande e indicazioni, inizia a entrare nella specie di trance che accompagna la fase espulsiva del parto.

Arriva il dottore con gli occhialini sul naso e la penna di marca nel taschino del camice. Le dice: “Vediamo un po’ se ti sei dilatata abbastanza”.

Il cervello reagisce. La corteccia (che ormai lo avete capito, è la parte di cervello razionale tipicamente umana) va nel panico: “Oddio! Ma chi è questo qui? Dov’è la mia dottoressa?? Aveva detto che sarebbe passata… E poi mi sarò dilatata abbastanza?? Passerò l’esame? Avrò fatto bene il mio lavoro? Comunque non importa. Adesso c’è qui lui, che è sicuramente molto competente: non mi devo preoccupare.”

Il sistema limbico nulla sa né può capire di cosa sia un dottore, competente o incompetente. Lui capisce solo una cosa: “Uomo sconosciuto! Predatore! Misuriamo la dilatazione. Numeri! Stress! Esame! Pericolo!” E in un quattro e quattr’otto la trance iniziale si trasforma in lacerante agonia.

Anche in questo caso, il sistema limbico ha percepito un cambiamento, quindi un pericolo, e ha iniziato a mettere in circolo adrenalina (l’ormone dell’allerta) piuttosto che ossitocina (l’ormone dell’amore), e così utero e cervice sono stati bloccati nel loro slancio espulsivo. Le contrazioni sono diventate molto meno efficaci e molto più dolorose. La mamma, comprensibilmente, si è agitata. Il cuore del bambino ha seguito a ruota.

Cesareo di emergenza.

QUINDI

E noi rimaniamo qui a domandarci: “Ma perché questo sistema limbico si ostina a mettere i bastoni fra le ruote?”

Perché è un vecchio saggio brontolone. Il sistema limbico si è sviluppato in milioni di anni, nella stragrandissima maggioranza dei quali:

1) Anziché in comodi e caldi letti, gli atti erotici erano consumati fra i cespugli, e il pericolo più temuto non era certo legato alle dimensioni del totem/zucchina.

2) Anziché con professionisti benintenzionati su lenzuola bianche, le donne partorivano tra qualche pelle d’orso cercando di restarsene al riparo dalla tigre dai denti a sciabola.

Il nostro cervello sarà anche un po’ come un computer, ma lui ad aggiornarsi, ci mette qualche millennio. Tutto quello che il sistema limbico ancora oggi sa è:

1) Se l’uomo è in tensione, potrebbe esserci qualche predatore nelle vicinanze. Se l’uomo è in tensione, il suo totem/zucchina sta meglio fuori che dentro una donna. Meglio aspettare un momento più propizio. Meglio evitare la penetrazione.

2) Se la mamma è in tensione, potrebbe esserci qualche predatore nelle vicinanze. Se la mamma è in tensione, questo piccolo sta meglio nella pancia che fuori. Meglio aspettare un momento più propizio. Meglio ritardare l’espulsione.

In entrambi i casi siamo in situazione di potenziale ostilità e il sistema limbico svolge il suo prezioso lavoro (quello che ci ha fatto sopravvivere e prosperare come specie attraverso i millenni): rallenta i processi involontari che rendono l’organismo vulnerabile (mentre hai un orgasmo o partorisci non è che ti puoi difendere più di tanto) e aziona quelli di difesa: preparati ad alzarti e combattere. O se non altro a darti alla fuga.

Gli uomini sono un po’ più fortunati: la prossima volta andrà meglio.

Per partorire non puoi tornare e riprovare il giorno dopo.

Il corpo non obbedisce alla ragione: almeno non quelle parti del corpo che non possiamo controllare.

Le nostre tensioni, le nostre paure, le preoccupazioni piccole (come anche solo un’ostetrica antipatica, troppa luce negli occhi, il rumore di qualcuno che scrive al computer) sono messaggi chimici al nostro utero, alla nostra cervice e al nostro bambino: sono le nostre tigri dai denti a sciabola.

La brutta notizia è che mordono tanto quanto quelle preistoriche.

La buona notizia è che non ci servono lance affilatissime per tenerle lontane.

Basta prepararsi al parto. Prepararsi per davvero.

5 buoni motivi per partorire in casa

5 buoni motivi per partorire in casa

 

 

 

Una di noi (Silvia) ha partorito in casa. Tre bei maschietti arrivati ognuno con i suoi modi, ognuno con i suoi tempi, ma tutti con tanta dolcezza. In questo post Silvia condivide alcune delle ragioni che l’hanno spinta a fare la sua scelta.

Non vuole certo convincere nessuno a fare lo stesso se la cosa non ispira: ognuna deve scegliere il luogo e il personale che la mette più a suo agio, che la fa sentire più sicura. Ma tutti devono conoscere bene tutte le alternative perché sentir dire che chi partorisce in casa è un hippy incosciente, con le conoscenze e le competenze del 2015, non del 1955, francamente, non si può più sopportare.

1. Andare all’ospedale è rischioso.

Ah, giù quelle facce perplesse! Un attimo, lasciate spiegare.

È vero che all’ospedale ci sono i rimedi per tanti mali: se non ti dilati abbastanza velocemente c’è l’ossitocina sintetica, se sei stremata c’è il forcipe, se va tutto storto c’è il chirurgo pronto a mettere in salvo il tuo bambino, e così via. Vero. E rassicurante. Questa è la condivisibilssima ragione per la quale la stragrande maggioranza delle donne decide di partorire in ospedale. Lungi da noi mettere in discussione questa scelta.


Però esiste anche un altro lato della medaglia. Tanti di questi mali che l’ospedale può curare… a volte è l’ospedale stesso che li crea. Proprio nel momento in cui il sistema limbico sta iniziando a prendere il sopravvento tu devi uscire da quella che lui considera la sua tana, salire in macchina, andare all’ospedale e parlare con degli sconosciuti. È possibile (per non dire probabile) che la neocorteccia venga sollecitata. Ora, una neocorteccia troppo sveglia sappiamo che non aiuta il processo involontario del parto: non sarebbe sorprendente se la dilatazione della cervice rallentasse e le contrazioni iniziassero ad essere molto più faticose. L’ospedale, per il sistema limbico, è la tana delle tigri dai denti a sciabola.

Se rimani tranquilla a casa, sapendo di avere personale qualificato che ti assiste e sentendoti davvero preparata, stendi definitivamente la corteccia e permetti al sistema limbico, e quindi al travaglio, di procedere spedito.

2. Il personale che ti assiste ti conosce (e tu conosci lui).

Se decidi di partorire in casa, probabilmente devi assumere un’ostetrica privata (a meno che tu non abbia il c**o di trovarti in Inghilterra, vicino ad un ospedale che offre questo servizio gratuitamente…ma questo è un altro post). Quest’ostetrica ti seguirà per tutta la gravidanza: saprà com’è fatto il tuo corpo, le sue mani esperte le avranno già fatto conoscere il tuo bambino, avrà voluto conoscere ogni sfumatura di tuoi gusti, speranze e timori, avrà incontrato qualche volta tuo marito. Potrà quindi offrirti un servizio personalizzato. Questo non è solo molto piacevole, ma anche sicuro: se l’ostetrica sa che ti sei preparata a concentrarti e respirare fuori il tuo bimbo per esempio, saprà interpretare al meglio il tuo comportamento il giorno del parto. Insomma, non ti sentirai mai dire: “No, non è possibile che il bambino stia arrivando: non stai soffrendo abbastanza”. Semplicemente, a forza di venire a visitarti a casa tua, conoscerà il tuo corpo come nessun altro e in più avrà capito quali sono le cose che ti mettono a tuo agio e quelle che ti irritano…e potrà agire di conseguenza.

3. Il tuo uomo gioca in casa

A casa, tuo marito può tenere le sue ciabatte, i pantaloni del pigiama, bersi una birra per ridarsi coraggio, e persino andare a schiacciare un pisolino in caso di necessità. “E per concedere questo a mio marito io dovrei mettere a rischio la vita di mio figlio??” direte voi, a ragione.

A parte il fatto che “mettere a rischio” è un concetto relativo (vedi #1), il benessere del futuro papà ha grandi e concreti benefici per il benessere della mamma e quindi per l’andamento del parto.

Un uomo tranquillo e a suo agio sarà capace di dare alla sua compagna il supporto di cui lei ha tanto bisogno. Un uomo a disagio e/o intimidito dall’ambiente ospedaliero sarà “sulla difensiva”: produrrà tanta adrenalina, ormone nemico del parto.

Un futuro papà informato, sostenuto dal personale adeguato (la mia Doula ha aiutato più mio marito di quanto abbia aiutato me!) e a suo agio può offrire il sostegno ideale alla futura mamma.

4. L’idillio dei primi minuti/ore/giorni.

Si parla tanto di “bonding” (per fortuna!) e sembra quasi sia una cosa meccanica: appoggia il figlio sulla mamma dopo il parto per una mezzoretta e i due si ameranno alla follia per tutta la vita. Già decisamente meglio del precedente “taglia il cordone, lava il bambino, fai riposare la mamma, ricongiungili quando sono entrambi riposati e profumati”. Ma se fosse possibile dimenticare l’orologio per qualche giorno? Se fosse possibile sguazzare allegramente e ininterrottamente nel tripudio amoroso della nascita, proprio come si sguazza quando si è così innamorati che non si esce dalla stanza da letto per giorni e giorni? E forse anche il piccolo nuovo arrivato potrebbe sviluppare quella calma e fiducia nel mondo tanto importanti per diventare un neonato sereno che non ha troppa voglia né bisogno di piangere. Un inizio non male per una relazione che sarà lunga, intensa e piena di sfide.

5. La certezza di essere seguita da personale eccellente.

Non sono certo le ostetriche scorbutiche e frustrate a seguire i parti in casa. Sono quelle che adorano il loro lavoro e che sono pronte ad essere in prima linea e ad assumersi tutte le responsabilità del caso. Le ostetriche a domicilio hanno studiato per i parti naturali e fisiologici (assistono anche parti podalici per via naturale), sanno riconoscere al volo quando non è il caso di restare a casa e non metterebbero mai a rischio mamma e bambino, e con essi la propria carriera. Quella che si è ritrovata a studiare ostetricia per caso e che continua con la sua professione solo perché non ha alternative se ne starà in ospedale, a fare controvoglia quello che le dicono i dottori e la caposala. Tanto la responsabilità non è mica sua.

Avere scelta è meraviglioso e solo prendendo in considerazione e conoscendo bene tutte le opzioni possiamo davvero scegliere.

 

Silvia e Leo appena dopo il parto. Non si sono mai separati e non si separeranno per ore.