Se lo ritrova accanto al bancone del bar, inaspettato come il sorriso che le riserva. “Buongiorno… ti ricordi di me?” Ricordarsi di lui? Di quello sguardo che è quasi una carezza, di quel sorriso ironico, di quel modo di muovere le mani così calmo ed elegante? Sono tre settimane che spera di incontrarlo di nuovo! “Ciao, ah certo, c’eri anche tu all’inaugurazione del locale di mio cognato. Come stai?” “Settimane un po’ dense, ma nel complesso bene. E tu, come stai?” Quel come stai, chiesto come se la risposta importasse davvero, tintinna insieme ai cucchiaini che girano i caffè e risuona ancora mentre lei si allontana venti minuti dopo, forse non ancora davvero in ritardo per la riunione. Con una matita, potrebbe disegnarsi sulla schiena il contorno esatto della mano con cui lui l’ha stretta appena, quando si sono salutati.
Sbadigliano quasi contemporaneamente. “Vuoi questi cereali o quelli?” “No quelli sono miei!” “Non è vero sono di tutti, vero mamma?” “Ce n’è per tutti e sono di tutti…certo” “Però li ho scelti io.” “Ma piacciono anche a me!” Lei resta in silenzio, annusa il suo caffè, sistema i capelli di entrambi con un gesto giocoso e versa il latte nelle ciotole: “Dai, mangiamo tutti adesso…”
C’è un riverbero di sole nella finestra dietro il più piccolo. La grande si sposta sulla sedia per rimanere all’ombra. “Oggi a scuola devo presentare la mia ricerca.” “Da me invece viene la polizia a trovarci!” “Spero che alla maestra piaccia.” “Ma la polizia ci può mettere in prigione?” “Ma no, mettono in prigione solo i cattivi…erano venuti a scuola anche da me, ti fanno vedere la divisa. Andrà bene la ricerca?” “Cos’è una ricerca? Devo farla anch’io? Me la lasciano provare la divisa da poliziotto? …Però, sono buoni questi cereali.” “Sì li ho scelti io!” “Ma voi due lo sapete quanto è bello fare colazione insieme a voi? Dai, che tra poco è ora di vestirci” “Ok mamma, però adesso godiamocela.”
Sono alti quei tacchi su cui ha camminato tutta la sera. Lui torna con i bicchieri di vino, si siede sul divano proprio accanto ai piedi che lei ha appena appoggiato. Un brindisi accennato, la musica l’ha scelta bene. Lei appoggia la testa allo schienale e beve piano. Quasi con stupore, sente la scarpa sfilarsi, tirata dal tacco che lui ha afferrato, mentre le solleva il piede sulla propria gamba, le sfiora la caviglia e gira intorno al tallone stringendolo appena con il palmo della mano. Le accarezza piano il collo del piede, sfiorando leggermente l’arco fino ad arrivare a piegarle le dita. Lo sente scendere a massaggiare la pianta, salendo solo ogni tanto con un dito sulla caviglia e quasi sul polpaccio con quel solletico lieve che sale da solo fino al profilo degli slip. Ma la mano è sempre intorno alla caviglia.
“Da so-ooooo” La guarda serio e corre dietro al divano. Seduto per terra, si sporge appena a controllare che lei non stia arrivando: “Da so-o!”. Lei è in piedi nel vano della porta, il cappotto in una mano, la borsa dell’asilo nell’altra. Guarda l’orologio. Dovrebbero già essere per strada. La testolina bionda sporge ancora dal divano, con un sorriso furbetto. Si nasconde ancora e ora sporge un piede: completo di scarpa. “Ti sei messo la scarpa da solo! Wow che determinazione! Posso aiutarti con l’altra?” “No. Da so-o!” Lei sospira, si sporge sul divano e lo spia dall’alto. Lui la guarda “No, via, io da so-o”. Faranno tardi. Ma a rincorrerlo per mettergli le scarpe lei, finendo inevitabilmente a pianti e grida, guadagnerebbe abbastanza tempo? Gli sorride. “Dai, ti aspetto.” Da dietro il divano arrivano strani rumori, ma alla fine si alza soddisfatto, annunciando felice “Da so-o!”. Le punte delle scarpe a dire il vero girano all’esterno, ma in fondo devono solo scendere le scale fino alla bicicletta della mamma…
“Ma quanto era buona la cena?” “Mamma mia sono piena! Ho mangiato troppo, lo sapevo. Ma era veramente tutto squisito…” “Forse il tagliere di formaggi alla fine potevamo evitarlo in effetti.” “E perdere tutti quegli abbinamenti col vino? No, no, ci stava.” Lei lo prende scherzosamente sotto braccio, lui stringe il gomito e non la lascia togliere la mano. Le passa il braccio dietro la schiena e accarezza piano la nuca. “Ti accompagno a casa, ma passiamo dalla piazza di là, ti va?” “È più lunga, ma almeno smaltiamo mezzo dolce!” Il braccio stringe ancora un poco lungo il fianco.
Può leggerla già da qui l’insegna: “Panettiere” È veramente vicina. Vicina esattamente com’era dieci minuti fa. No, dai, forse qualche centimetro più vicina. Si gira. Lei è ancora lì, chinata sulla fessura tra il muro e il marciapiede. Indica qualcosa e si china ancora un po’ di più. “Possiamo andare adesso?” La testolina bionda si solleva leggermente, per riabbassarsi subito, ancora più vicina alla fessura. Un cane al guinzaglio fa la pipì lungo il muro pochi metri più in là. Il padrone aspetta paziente, facile così essere pazienti… lui dal panettiere arriverà in pochi minuti!
“Dai andiamo adesso…!” Toglie il telefono dalla tasca e scorre velocemente le mail. Un occhio a Facebook, due foto di suo fratello in viaggio e la pubblicità di uno spettacolo teatrale. “Andiamoooo?” La bambina si alza e cammina verso di lei. No, aspetta, un’altra fessura sul marciapiede! Si è chinata di nuovo. Mezzora per arrivare dal panettiere. A 100 metri da casa. Se qualcuno le chiedesse cosa fa tutto il giorno potrebbe avere una crisi di nervi. Ripensandoci la crisi di nervi potrebbe venirle comunque. Tra poco. “Dai, adesso andiamo, siamo quasi arrivate!” Si avvicina e le prende la mano per sollevarla. La bambina, accucciata sul marciapiede, allunga il dito. La guarda esasperata. “Ok, c’è un fiore. Andiamo adesso?” La bambina sorride estasiata e si accuccia ancora più vicina. C’è un’ombra che oscilla tra il muro e il marciapiede, il fiore e anche qualche formica. Il panettiere è ancora là, già due metri più vicino. Le si inginocchia accanto. “Si chiamano denti-di-leone sai? Tra pochi giorni diventano soffioni e possiamo fermarci a soffiarli.”
La cosa incredibile e totalmente nuova è questo sentirsi tutta la pelle addosso. Sente persino quella dei polsi e dei gomiti quando lui glieli accarezza piano. È un contatto così completo che le fa quasi impressione. Ha percorso ogni dito e gli avambracci come se volesse assorbirli dalle mani, con la stessa voluttà con cui chiunque altro le ha sempre toccato solo un’altra parte. Lascia che lui faccia scorrere le mani sulle spalle e poi lungo la colonna vertebrale, con quella pressione lieve e i movimenti circolari di un massaggio ignorante di ogni tecnica ma sapiente nello scambio. Basta un movimento minimo e lui ha già sentito dove andare: il profilo dell’osso del bacino e poi giù lungo la coscia. Apre piano le gambe… “C’è tempo” le sussurra lui mentre la gira e riprende a risalire dai polsi verso il petto.
Ma lui la vede? Non è così sicura che quegli occhi liquidi e bluastri la mettano del tutto a fuoco. Il libro dice che non vedono bene oltre i 20 centimetri, e comunque solo a contrasti. Lo appoggia sul suo letto e gli toglie piano la maglietta, poi i vestiti sotto. “Posso?” gli chiede mentre fa scorrere le mani in quei pochi centimetri tra i fianchi e i piedi. Lui la fissa concentrato. Ok, no, la vede per forza. Cioè forse la intravede. Di sicuro guarda verso di lei. E certo la sente, ha girato la testa subito quando gli ha parlato. Un’attenzione tutta speciale emana da tutto il suo essere. Cosa si aspetta che lei faccia? Col bambolotto sembrava più facile: due gambe, due braccia, non una pallottola così tonda. Non così viva. Soprattutto non tutto veramente figlio suo. E il bambolotto non aveva pianto prima.
Gli fa scorrere le dita sotto la schiena come le avevano mostrato. Poi cosa avevano detto di fare? Avrebbe potuto portarsi in camera gli appunti, no? Va beh, qualcosa si ricorderà. Avevano parlato di mezzaluna sul petto? Fa scorrere le dita da un lato all’altro.
Quanto deve durare un massaggio per esser davvero rilassante? Appoggia i palmi sul piccolo ventre e accarezza sotto verso la schiena. Sente tutto il tepore di quel piccolo corpo e lo sente distendersi sotto le sue mani. È tutto pelle quel bambino…si china a baciare la pancia tonda e gli massaggia piano le gambe circondandole tutte in una mano.
Sollevandosi incontra ancora i suoi occhi: no, ok, se la guarda così la vede di sicuro.
Questo articolo è comparso per la prima volta sul numero 104 della rivista per donne e ostetriche diretta da Verena Schmid: DeD.