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ATTACCAMENTO E ALTO CONTATTO – parte 1

Non pratiche specifiche ma qualità relazionale.

Quando abbiamo letto il bellissimo articolo sull\’attaccamento di Diana Divecha su Developmental Science, l\’abbiamo accolto come la manna. Infatti, parlare di alto contatto è sempre un po\’ delicato per la nostra responsabile post-parto, nonché discendente accademica del più quantitativo degli neuroscienziati, madre di tre figli ripetutamente etichettati mammoni, e moglie di un Francese (e in Francia, si sa, i bambini che fanno quello che pare a loro non sono particolarmente ben visti). Troppe forze centrifughe  discordanti ad allontanare la povera aspirante autrice dal centro della questione. Ed ecco che arriva un articolo che esprime in maniera chiara ed accessibile tutto quello che c\’è da sapere sull\’attaccamento e sull\’alto contatto.

Ma c\’è di più, le nostre educatrici IPP – fresche di laboratorio per operatrici a Milano – sono talmente entusiaste che ci hanno aiutato persino a tradurlo. E allora noi adesso ve lo riproponiamo, spezzettato in tre parti perché ci teniamo proprio a farvi leggere tutto il poema!

Questa prima parte descrive una serie di comportamenti dolorosi e controproduttivi che un certo tipo di genitorialità ad alto contatto malinformata tende a incoraggiare. Usiamo questi esempi per mettere in discussione i nostri comportamenti: ogniqualvolta ci ritroviamo a fare qualcosa \”perché le leggi dell\’alto contatto ce lo impongono\” o \”perché gli esperti dicono che bisogna fare cosį\” piuttosto che \”perché è una cosa che funziona bene per noi e per il nostro bambino\”, siamo ad alto rischio di star incorrendo in questo tipo di errore. E soprattutto, invece che concentrarci su che cosa facciamo (che a volte è al di là di quello che possiamo controllare), concentriamoci su come lo facciamo.

Buona lettura!

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Qualche mese fa un\’amica ha avuto una bambina. Il parto é iniziato a casa, con il supporto di un\’ostetrica, ma dopo un po\’ di ore di travaglio la bambina si é messa in una posizione che bloccava la sua uscita. L\’ostetrica, avendo capito che il travaglio non sarebbe proseguito, accompagna la mia amica Amelie al pronto soccorso insieme a suo marito. Il parto termina in sicurezza e la piccola e bella Sylvie nasce con un bel ciuffo di capelli neri. La famiglia torna a casa. Quando la bimba ha 6 settimane, Amelie ha una seria infezione al seno. Nonostante il dolore e l\’assunzione di antibiotici, insiste con l\’allattamento e con l\’estrazione del latte.

Alla fine, si arrende e con grande senso di colpa inizia a dare il latte di formula alla bambina metre il pediatra aumenta il suo stress dicendole \”assicurati di trovare un altro modo per creare il legame con lei\”. Fortunatamente, Sylvie non ha problemi di sonno e dorme serenamente nella culla accanto al letto di Amelie. A 4 mesi, Amelie temendo che il legame con la bimba non si stesse creando in maniera adeguata decide di far dormire la figlia nel suo letto. Sylvie non è dello stesso avviso: quando è accanto a sua madre si lamenta, quando invece é nella culla si calma. Amelie perció si preoccupa molto della loro relazione.

“Amelie” è la sintesi di amici e clienti che ho avuto negli ultimi mesi, tutte le esperienze sono realmente accadute. In quanto psicologa dell\’etá evolutiva sono stata coinvolta in questo tipo di sofferenza. Ciascuna di queste pratiche – parto a domicilio, allattamento, co-sleeping – ha i suoi benefici ma nessuna di esse è legata ad un attaccamento sicuro del bambino con la figura di riferimento della cura né sono elementi profetici rispetto alla salute e allo sviluppo mentale del bambino. \”L\’attaccamento non é dato da una serie di trucchetti da mettere in atto\” dice Alan Sroufe, psicologo dell\’etá evolutiva dell\’ Institute for Child Development dell\’Universitá del Minnesota. Dovrebbe sapere di cosa parla: Lui e i suoi colleghi hanno studiato le relazioni di attaccamento per oltre 40 anni.

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Perchè c\’è confusione su che cosa sia l\’attaccamento sicuro?

Negli ultimi 80 anni, gli scienziati dello sviluppo hanno capito che nella relazione di cura tra un bambino e un adulto si instaurano delle micro-dinamiche che hanno effetti durevoli e in maniera specifica sulla persona che quel bambino diventerá.

“L\’attaccamento\” spiega Sroufe \”è la relazione al servizio del bambino nella regolazione e nell\’esplorazione delle sue emozioni. É la profonda e solida fiducia che il bambino trova nella disponibilità e responsabilitá di chi si prende cura di lui\”.

Un attaccamento sicuro ha al meno tre funzioni:

  1. Fornire senso di sicurezza e protezione
  2. Regolare le emozioni, gestendo lo stress, creando gioia e supportando il senso di calma
  3. Offrire una base sicura da cui partire per esplorare.

 

Nonostante la lunga storia scientifica del\’attaccamento, gli psicologi hanno lavorato poco nel comunicare cos\’é l\’attaccamento sicuro e come crearlo. Nel frattempo, la parola è stata attribuita al benintenzionato pediatra William Sears, a sua moglie, ai figli e al movimento \”Attachment Parenting\” [che in Italia è perlopiù rappresentato dalla corrente della genitorialità ad alto contatto – tradurremmo dunque qui \”attachment parenting\” con \”genitorialità ad alto contatto\” – NDE].

La \”teoria dell\’alto contatto\” promuove uno stile di vita e delle pratiche specifiche che non sono empiricamente connesse ad un attaccamento sicuro. Di conseguenza, il movimento ha seminato confusione – cosí come stress e senso di colpa – rispetto al significato del termine \”attaccamento\”. La filosofia ispirata dai Searses e promossa dall\’organizzazione Attachment Parenting International é basata su otto principi, tra cui allattamento, co-sleeping, alto contatto e baby- wearing, reattività emotiva. È una reazione al recente approccio rigido genitoriale e propone un metodo amorevole di accudimento in cui il bambino é al centro. Alcune pratiche danno benefici che vanno al di lá dell\’attaccamento. Ma il consiglio é spesso considerato in maniera letterale e induce ad un comportamento estremo, come nel caso di Amelie il cui travaglio richiese un trattamento ospedaliero e che ha sofferto ingiustificatamente nel credere che l\’allattamento e il co-sleeping siano necessari per un attaccamento sicuro.

La genitorialitá ad alto contatto è stata anche fortemente criticata per aver promosso una struttura familiare conservativa, cristiana e patriarcale in cui la donna è destinata alla casa e al soddisfacimento dei desideri dei suoi figli. Inoltre, la filosofia sembra aver trasformato la consapevolezza generale in uno stile di vita che include il cibo biologico, i pannolini lavabili, il rifiuto delle vaccinazioni e l\’homeschooling. I Searses hanno venduto milioni di libri e traggono profitto nel consigliare prodotti che sono funzionali ai consigli di cui la loro filosofia si fa portavoce.

“Queste [le pratiche della genitorialità ad alto contatto] sono tutte cose positive\” osserva Sroufe “ma non sono essenziali poiché non c\’è nessuna evidenza che siano correlate con un attaccamento sicuro\”. Sul nutrimento, ad esempio, Sroufe afferma che una madre può allattare ma se lo fa in maniera meccanica e insensibile potenzialmente contribuisce ad un attaccamento insicuro.

Al contrario può essere coinvolta mentre lo nutre al biberon, cogliendo i segnali del bambino e puoi interagire sulla base di questi: guardandolo, parlandogli, giocando con lui, tutti comportamenti che creano un attaccamento sicuro. In altre parole, ciò che conta è la qualità dell\’interazione.

Ora, si può scegliere l\’allattamento per motivi nutritivi o di digeribilità (benché ci sia ancora dibattito trai benefici a lungo termine) [vedi nota 1, delle nostra fantastica educatrice e traduttrice Marianna Addonizio] ma considerare che nutrire attraverso il biberon implichi danneggiare il legame madre-figlio, come aveva fatto il pediatra di Amelie, è semplicemente disinformazione.

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…continua. Scopri la scienza dell\’attaccamento nella prossima puntata!

 

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Nota 1:

L\’autrice fa riferimento ad un documento del WHO del 2013. Uno studio più recente che riprende gli indicatori del WHO e che è stato finanziato dal WHO stesso riportale seguenti conclusioni:

⁃           Evidenze dell\’allattamento nel proteggere contro la mortalitá infantile causata da malattie infettive e dalla diarrea

⁃           Evidenze dell\’allattamento nella protezione dalle malattie respiratorie e dalle riniti allergiche

⁃           Non ci sono evidenze rispetto all\’asma, alla pressione sanguigna e al colesterolo.

⁃           Evidenze nella riduzione della malocclusione infantile

⁃           Si nota un aumento del decadimento dei denti causato da lunghi periodi di allattamento.

⁃           Evidenze sulla protezione dal sovrappeso e dal diabete

⁃           Per le donne che allattano, evidenze dimostrano che l\’allattamento protegge dalla formazione di cancro al seno, alle ovaie e dal diabete di tipo 2.

Fonte: The Lancet – Gennaio 2016: \”Allattamento nel 21esimo secolo: epidemiologia, meccanismi e effetti di lungo periodo.\”

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