Cos’hanno in comune un orso polare in un appartamento a New York e un pettirosso nell’oceano?
Non hanno la libertà di starci. Non sono ambienti in cui possono vivere.
Nel discorso collettivo spesso risuona, in vario modo, l’illusione falsamente rassicurante che si possa essere e fare tutto, basta volerlo. Meno enfasi è posta sul limite e il confine, nell’accezione più fertile di questi temi. Esprimere a pieno la propria natura è compito radicale per ognuno/a di noi: la chiamata alla libertà di “diventare ciò che si è” è compito arduo di una vita già compreso dai Greci.
Per essere veramente liberi dobbiamo conoscere e padroneggiare il nostro ambiente.
Tendiamo a vedere i limiti come negativi, i confini come qualcosa che ci impedisce di essere noi stessi.
Eppure cosa sarebbe un corpo senza pelle? Una casa senza muri?
Una storia senza inizio e senza fine?
Esplorare, scoprire e padroneggiare i nostri limiti è il modo migliore per abitare la nostra libertà e esprimere il nostro vero potenziale.
Questo vale per tutti gli esseri umani, grandi o piccoli che siano, che l’ambiente sia il sacco amniotico, l’asilo nido, l’università, il lavoro o la casa: abbiamo bisogno di essere contenuti per esistere.
Muoversi in libertà nella realtà impone anche riconoscere il lato impossibile delle cose, il loro limite, il luogo in cui le risorse scarseggiano e forse anche per quello ne mostrano di nuove possibili e reali.
La libertà della vita è soggetta al passare del tempo e alla sua finitudine: proprio questo confine ultimo, però, dà alla vita il suo carattere unico e prezioso che un’esistenza immemore infinita non avrebbe.
Su un piano più concreto, libertà nella realtà è un binario anche per lo sviluppo umano. Natura e nurture interagiscono in maniera fondamentale, non sempre controllabile, certo non meccanicistica, eppure sempre attiva: dalla via epigenetica a quella più emotiva, l’ambiente dà forma alla natura dello sviluppo dell’immenso e differente potenziale di ognuno/a.
La realtà delle relazioni modula la libertà dell’indipendenza, dell’espressione di sé che a sua volta incontrano i limiti della realtà in una danza di possibile e reale unica per ognuno di noi.
Raggiungere il proprio potenziale è una questione di raggiungere obiettivi?
O forse è più una questione di esprimere in pienezza la propria natura, qualsiasi siano i limiti fertili della nostra realtà?
‘Pesci solubili’ è un ossimoro che prendiamo in prestito dal poeta André Breton: con involontaria ironia, è il principale teorico del surrealismo ad alzarci la palla per guardare con nuova curiosità la nostra realtà.
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