Il 14 Novembre scorso La Repubblica pubblicava su Instagram un’infografica per riassumere uno studio retrospettivo che comparava eventi perinatali in Marzo-Maggio 2020 con eventi perinatali nello stesso periodo di un anno prima. A nostro parere si è persa l’occasione di fare informazione accurata e utile.
Il canale dei social media è necessariamente sintetico e immediato, ma non è un mezzo meno importante per fare buon giornalismo e contribuire in modo costruttivo a riflessione e azione collettiva. Un giornalismo di qualità impone di scegliere con cura cosa si mette a disposizione del pubblico e in che forma, anche e soprattutto se lo si fa al di fuori della carta stampata: dove raggiunge un numero altissimo di persone in forma molto diretta e senza filtri.
Accuratezza:
I dati significativi riportati sono i seguenti:
- L’aumento dei nati morti
- La diminuzione dei parti nel tardo pre-termine
Le interpretazioni date dagli scienziati e basate sul loro intuito informato, ma NON su dati concreti sono le seguenti:
- Meno visite durante in gravidanza sarebbero alla base dell’aumento dei nati morti
- L’aumento di riposo e di igiene durante il lockdown avrebbero favorito la diminuzione dei parti pre-termine.
Scegliere un solo dato su due può far parte di una strategia giornalistica valida (se la scelta è fatta sulla base dell’utilità pubblica e non del potenziale impatto emotivo), ma presentare l’interpretazione del dato come un fatto, e piazzarla in prima posizione equivale a travisare grossolanamente la realtà. In effetti si presenta come il dato principale di uno studio quello che è dichiaratamente un’opinione degli autori.
Non serve essere giornalisti per sapere che è impossibile descrivere i fatti come sono: l’osservatore porta con sé un numero di pregiudizi e parzialità delle quali non può essere consapevole. Però è importante che il giornalista si metta la mano sul cuore e che ci provi davvero, a descrivere oggettivamente la realtà: soprattutto quando sta comunicando dati e non scrivendo un editoriale di opinione.
Utilità:
Ci sono modi di comunicare le notizie che possono essere utili a far vendere più copie/aumentare le condivisioni e i like. Ci sono modi di comunicare le notizie che possono essere utili a chi le legge. L’articolo di de Curtis e colleghi può essere usato per fare sensazionalismo o per incoraggiare le mamme a riposare a fine gravidanza e a presentarsi ai controlli di routine. Pensiamo (speriamo!) di sapere da che parte si schiera La Repubblica, e quindi ci permettiamo di segnalare che, in questo caso, è stato fatto un grosso scivolone. È mancata sia la considerazione dell’interlocutore che la cura nella comunicazione: il tutto in un periodo particolarmente delicato per l’equilibrio emotivo di tanti come la gravidanza, e pure in pandemia.
Conoscenza dell’interlocutore:
La categoria per cui l’informazione riportata ha il potenziale di essere più utile è quella delle donne gravide (o che desiderano esserlo). Non serve essere ostetriche né psicologi per sapere che le mamme in attesa sono caratterizzate da un insieme di vulnerabilità e potenziale eccezionali. Il modo in cui le informazioni su travaglio, parto, e puerperio vengono comunicate gioca un ruolo cruciale su come gli eventi sulla genitorialità vengono vissuti (dalle visite in gravidanza, alle scelte relative al parto, a comportamenti nel puerperio e oltre).
La stratificazione e insinuazione di emozioni di paura (“Il mio bambino potrebbe morire?”), rabbia/frustrazione (“Maledetto covid-19!”), e colpa (“Avrei dovuto andare a quella visita!”), hanno un alto potenziale di generare forme più o meno prolungate di stress. Sappiamo fin troppo bene che ansia e stress hanno effetti molto concreti sul benessere del feto, della mamma e sulla fisiologia del parto.
Associare la parola “nascita” alla parola “morte” sarebbe importante, in un contesto articolato e favorevole alla necessaria rottura di tabù sul tema della natimortalità. Può invece produrre un effetto di trauma, se non è fatto con accuratezza e con la cura di essere utili.
Al contempo, l’informazione dell’aumento dei nati morti può davvero essere utile se ha per risultato quello di incoraggiare la mamma a presentarsi alle visite raccomandate (se prendiamo per buone le opinioni di de Curtis e colleghi) nonostante il timore di contrarre il virus.
Utilizzare la paura (“Triplicato il numero di bambini nati morti”) per incoraggiare è un ossimoro di per sé, ma ha conseguenze particolarmente gravi se gli “effetti collaterali” sono un aumento dell’ansia e dello stress in gravidanza, con tutto ciò che ne consegue a livello psicofisico per una donna gravida.
Ricerca dell’oggettività e cura
Sulla base di queste riflessioni, incoraggiamo quindi i giornalisti de La Repubblica a
- Provare davvero a discriminare fra fatti e opinioni (e francamente non c’è luogo più facile per individuare i fatti che in un articolo scientifico)
- Accertarsi della validità dei fatti individuati (la validità metodologica dello studio in questione è messa in discussione ad esempio qui dalla Dottoressa Claudia Ravaldi di CiaoLapo Onlus)
- Definirne il limite (in questo caso, la regione Lazio) entro cui tali dati sembrano essere validi.
- Mettere i fatti al servizio dei lettori, in primis di quelli che si vogliono influenzare positivamente.

Una proposta alternativa di comunicazione accurata e utile dello stesso articolo potrebbe essere la seguente:
“Lockdown in Lazio: Diminuiti di 1/3 i pre-maturi. Natimortalità a 3%.
Riposo e visite di routine aiuterebbero a proteggere il bambino.”
Oppure semplicemente:
“Lockdown in Lazio: Natimortalità a 3%. Nascite pre-mature in forte calo.”
Oppure, per focalizzarsi esplicitamente sulle opinioni e le incitazioni utili:
“L’opinione degli scienziati: Riposo e visite raccomandate per proteggere il feto. Anche in pandemia”
Oppure
“Lazio: L’ospedale rimane una risorsa per mamme e bambini. Anche in tempo di SARS-CoV-2”
Riassumendo, una comunicazione accurata e al servizio dei lettori è possible. E dovrebbe essere normale. Anche nel 2020.
Lettera inviata da Il Parto Positivo, grazie all’attenzione e al lavoro delle Referenti Certificate Giulia Bagnacani (ostetrica) e Sara lo Scocco (psicologa e mamma).
